Gli studi di Domenico Calarco sul missionario gesuita Eusebio Chini (1645-1711)

Insegnò a trasformare le risorse della terra al servizio dell’umanità

di PIETRO BORZOMATI


cavallo

Il monumento a padre Eusebio Chini a Segno (TN), sua città natale

Dopo la morte di un religioso, appartenente ad una congregazione si è soliti stendere una breve biografia che, però, spesso è limitata ad alcune notizie biografiche che non offrono spunti per riflessioni su quella che è stata la vita interiore del protagonista.
Gli studi su p. Chini, scrittore, storico, matematico, geografo, cartografo, ed allevatore sono significativi e molto e rilevanti. Si pensi, ad esempio, a quelli sulla Parola di Dio che contribuì ad arricchirlo spiritualmente a stimolarlo all’impegno dell’apostolato missionario.
Dobbiamo dare atto ai padri Saveriani che, al contrario, impegnano un religioso del loro istituto, molto qualificato, per redigere note biografiche che non possono essere disattese dagli studiosi del passato della Chiesa e della società civile. Da qualche anno attende a questo compito il missionario saveriano p. Domenico Calarco, noto per aver portato avanti ricerche e studi sull’evangelizzazione dell’America in età moderna e sul gesuita p. Eusebio Chini devoto di san Francesco Saverio. Merita, inoltre, una particolare segnalazione il profilo biografico dei pp. Saveriani (3° 2004) che p. Calarco ha dedicato al p. Franco Teodori, un religioso, missionario in Cina ricco di alti valori morali e spirituali che operò, anche in altri paesi ed in molte città.
Ma, i lavori del p. Calarco, di notevole spessore scientifico, redatti nell”ultimo decennio del Novecento ed all’inizio di questo nostro secolo, vanno riscoperti per ravvivare, o del tutto per avviare, studi sull’azione missionaria in età contemporanea che merita di non essere ignorata. Tra questi sono fondamentali «L’Apostolo dei Pima. Il metodo di evangelizzazione di Eusebio Francesco Chini» (Editrice Missionaria Italiana, Bologna, 1995), il volume dello stesso Calarco, «Eusebio Francesco Chini. Epistolario. 1670-1710» (Editrice Missionaria Italiana, Bologna, 1998) e lo studio dello stesso missionario saveriano, «Un uomo dal cuore in fiamme. Profilo spirituale di Eusebio Francesco Chini 1645-1711» (Città Nuova Editrice, Roma, 2003).
Gli studi su p. Chini, scrittore, storico, matematico, geografo, cartografo, ed allevatore sono significativi e molto e rilevanti. Si pensi, ad esempio, a quelli sulla Parola di Dio che contribuì ad arricchirlo spiritualmente a stimolarlo all’impegno dell’apostolato missionario.
Al suo Preposito Generale, scriveva in latino: «Dio, il quale mi ha gratuitamente elargito un ardente desiderio di sopportare e di soffrire molte e grandi cose per la sua maggior gloria e per la salvezza delle anime, sa che non mi sentirei mai appagato adeguatamente nei miei desideri, se non quando mi fosse concesso di spargere il mio sangue per l’amore di Gesù Cristo e a vantaggio della Chiesa e della Compagnia» (Epistolario cit., p. 37).
Il p. Chini era stato attratto dal «roveto ardente. e la sua anima era ansiosa di godere del calore… di Dio, «Dio come fuoco, come sole, come luce». Desiderava ardentemente di contemplare il volto divino, e restare sempre più a colloquio con il Signore.
L’ubbidienza prestata prima di emettere i voti lo aveva portato a convincersi di accettare «ora e sempre la ..santissima volontà (di Dio) che da sola rappresenta tutta la nostra santità – così scriveva il Chini – che la sua volontà è sempre giustissima e mira ai fini più santi e sublimi.
Anche se a volte tali fini ci rimangono occulti tuttavia noi li vedremo nel momento prestabilito».
Il gesuita era consapevole che fosse necessario essere «fedele in eterno» a Dio. La sua aspirazione. del resto, era donarsi a Dio con amore al punto che così pregava: «prendi, Signore, e accetta tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo: tu me lo hai dato,
– le mie ossa sono tutte uno sfascio – tra me dicevo in paura sgomento dagli occhi tuoi son certo escluso – tu invece il grido d’aiuto udivi – il grido mio hai udito Signore». Pregava così mentre era in fin di vita, giovane studente nel 1663 in Austria. Pregò, poi, il suo san Francesco Saverio in questi accorati termini: «Al gloriosissimo e pietosissimo taumaturgo apostolo delle Indie san Francesco Saverio, tutti dobbiamo molto. Personalmente gli debbo: 1) la vita, che i medici mi avevano dato per spacciata nella città di Hall, nel Tirolo, l’anno 1663; 2) L’essere entrato nella Compagnia di Gesù: 3) la mia venuta in questa missione delle Indie”. a te Signore lo ridono, tutto è tuo, disponi a tuo piacimento, dammi il tuo amore e la tua grazia, che questo mi basta».
Il padre Charles W.. Polzer, S.I., ebbe a dire di p. Chini che «la sua pietà era così profondamente integrata nella sua vita da armonizzarsi con ogni singolo dettaglio della vita ordinaria»; non fu un grande predicatore o un poeta ma «fu stimato da persone che contavano perché la sua spiritualità parlava alle loro più profonde intuizioni del Cristianesimo». P. Chini pose i propri «talenti» al servizio degli altri, fu un uomo di scienza che «vide nel mondo il mezzo per trasformare le sue risorse in ricchezza al servizio dell’umanità».
In più occasioni abbiamo ricordato che un cristiano non può avere sicuro successo sia nella sua opera civile che i quella religiosa, se è privo di ricchezza interiore. Padre Chini di ciò era pienamente convinto perché lo aveva sperimentato da missionario, non solo nel formare i neofiti ma, anche, nell’impegno sociale che svolse ininterrottamente per l’elevazione umana dei «nativi».
Fu «esploratore de!l”ignoto, …un costruttore e un patrocinatore di una vita più ricca per l’umanità». Non a caso il 14 Febbraio del 1965, una sua statua fu collocata nel Famedio Nazionale del Campidoglio di Washington.
Indicò la via della perfezione ma, anche, insegnò come dissodare la terra per renderla fertile per sostenersi con il lavoro, ed il vivere in comunione con gli altri. È chiaro, a questo punto, che l’esempio chiniano, ha una sua valenza per riflettere sulla missionarietà del secolo scorso mai disgiunta dalla vivificatrice spiritualità per realizzare con vero amore progetti di alto profilo sociale.
Ricorda, opportunamente, Domenico Calarco che le origini della spiritualità della Compagnia di Gesù sono da ricercarsi negli scritti di sant’Ignazio: dagli esercizi spirituali, alle costituzioni della Compagnia e al diario spirituale dello stesso s. Ignazio; nel «Diario Spirituale» risulta, infatti, il «carattere mistico della spiritualità ignaziana» che consiste essenzialmente in una presenza di Dio sentita secondo il celebre motto « scoprire Dio in tutte le cose».
Per l’A. padre Chini «sperimentò il deserto come luogo d”incontro» e «non era nel suo stile lasciarsi fiaccare o vincere dallo sgomento». Per questo così pregava: «Pietà di me, Signore – più non resisto – ridammi la vita, Signore

«L’Osservatore Romano» Roma, 2 Luglio 2006

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